Prestito d’onore per studenti: un’agevolazione o una trappola?

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Il prestito d’onore per studenti, pratica molto diffusa in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America, potrebbe essere una soluzione per tutti coloro che non possono permettersi l’università?

Del resto, nonostante le nostre tasse universitarie siano molto più basse rispetto a quelle inglesi e americane, siamo, secondo l’Eurostat, al terzo posto in Europa per rette universitarie, con l’aggravante della scarsità di fondi per le borse di studio.

Ma quanto è alto il rischio che il prestito d’onore porti ad una bolla universitaria?

 

Partiamo dalle basi, facendo chiarezza su cosa sia il prestito d’onore. Si tratta di un finanziamento personale, caratterizzato da un semplice e immediato accesso al capitale richiesto e da condizioni favorevoli per quanto riguarda il rimborso. Infatti, non è necessariamente richiesto un reddito dimostrabile o la presenza di un garante, gli interessi sono molto bassi o addirittura nulli e, di norma, la fase di rimborso inizia due anni dal termine degli studi.

 

Il governo gialloverde sta valutando la possibilità di seguire la scia inglese e americana. Ed è il sottosegretario Giuliano a renderlo ufficiale, andando a rivendicare la paternità di un questionario, somministrato a molti studenti universitari, tramite mailing list e portali degli studenti.

Si leggono domande come: “Quanto hai speso finora? Quanto costa il corso (anche post-laurea) che intendi seguire? Quanto ti ha condizionato nella scelta l’aspetto economico? Sei attualmente beneficiario di una borsa di studio? Hai mai contratto un prestito per finanziare i tuoi studi? Perché non hai mai chiesto un prestito? Quanto saresti disposto a chiedere?”.

Tutto ciò al fine di “valutare l’introduzione di uno Strumento Finanziario che faciliti l’accesso a studi universitari e post-laurea.”

Giuliano ci tiene però a specificare che si tratta semplicemente di una valutazione “ex ante”, prevista dal Regolamento europeo che disciplina la gestione delle risorse comunitarie. Infatti, le informazioni provenienti dal questionario saranno unite ad altre ricavate da ulteriori fonti e il prestito d’onore non sarà altro che una misura aggiuntiva rispetto agli interventi più rilevanti, come le borse di studio e la no-tax area.

 

Nonostante ciò, la riforma in sé ha attirato molte critiche, soprattutto dalle associazioni studentesche, le quali temono che questa iniziativa, all’apparenza a favore degli studenti, possa creare un effetto boomerang.

Infatti, data la disoccupazione giovanile al 33%, il rischio che si crei una bolla universitaria, come già successo in Inghilterra e Stati Uniti D’America, non è così remoto. Non sarebbe allora più saggio focalizzarsi nell’introduzione di più borse di studio?

È questa la proposta delle associazioni universitarie, le quali ribadiscono la necessità di una priorità volta al finanziamento del diritto allo studio e non all’affidamento alle banche di uno strumento per lucrare sugli studenti, creando un insostenibile debito studentesco.

Dunque, l’Unione degli Universitari ha fatto partire una petizione online al fine di ritirare il questionario e bloccare in toto il processo di attuazione della misura, la quale potrebbe risultare come un fardello insostenibile per migliaia di studenti e portare gravi conseguenze umane, sociali ed economiche.

Autore: Giulia Salvi

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