TTIP, cala il sipario sulla scena dell’ accordo UE-USA?

E’ noto sia dentro e fuori i salotti diplomatici che i tempi di definizione e chiusura degli accordi internazionali non siano faccenda da risolvere con un tè delle cinque; se parliamo di TTIP poi, l’accordo UE-USA baluardo del commercio ultra-liberale e “amico” delle multinazionali, la faccenda sembra complicarsi ancor di più.

Dopo lo scossone sansonico alle colonne del tempio europeo mosso da Brexit, l’accordo economico perde il suo intermediario più importante nelle logiche del partnerariato: il Regno Unito, che dopo il “leave” del popolo alle briglie dell’Europa rende più difficile un accordo comune su una tematica già non facile di suo.
Ma non basta. A lasciare il banco solo al tavolo da gioco transatlantico, almeno momentaneamente, è anche la Francia; a dirlo, è il Ministro del Commercio Estero Matthias Fekl: “Non c’è alcuna possibilità che si chiuda la partita prima della fine dell’amministrazione Obama, data l’inconciliabilità delle posizioni delle parti”, commenta scettico il capo di dicastero parigino; e la chiusura dei giochi sembra allora ancora più lontana nel tempo.

A questo si aggiungono le posizioni delicate relative alla leadership futura degli USA che si delineeranno con certezza solo dopo le presidenziali, con un Donald Trump apertamente inviso al Trattato ed una Hillary Clinton forse un po’ troppo titubante su quella che potrebbe definirsi una rivoluzione, in positivo e negativo, del commercio intercontinentale. Sembra che dopo la presidenza Obama possa mancare un punto di riferimento oltreoceano sulla questione.

Il fronte italico invece sembra, nonostante tutto, deciso a mantenere anche in autonomia i rapporti con Washington circa il TTIP. A questo proposito il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, oltre alla sua netta posizione a favore dell’accordo si mostra apertamente contrariato circa l’inversione di rotta, almeno parziale, di Bruxelles circa la modalità di ratifica dei trattati in generale. Parliamo stavolta del CETA, altro trattato commerciale di portata…transatlantica (i cui attori sono però Canada ed UE) il quale pare segni un “ritorno di competenza” (almeno parziale) delle figure istituzionali dei Parlamenti nazionali.

In sostanza questa seconda partnership, per certi aspetti analoga al TTIP, dovrà essere ratificata nei suoi documenti dagli organi legislativi degli Stati membri prima di passare al vaglio della Commissione Europea, nonostante la materia dell’agreement in questione sia di competenza degli organi sovranazionali della Comunità.
A questo proposito il vertice del MISE commenta: “Oggi l’Europa perde un altro pezzo e invece di trovarsi con più sovranità va a perderne una parte. Ora che il trattato deve essere ratificato da 38 parlamenti in Europa, la mancata ratifica di uno è sufficiente a far cadere l’intero progetto. Questo fa morire la politica commerciale dell’Unione Europea”, ha dichiarato con disappunto il Ministro Calenda.

Dunque, potremmo dire che questa scelta è stata motivata anche dal fatto che Germania e Francia avevano espresso contrarietà ad una ratifica di esclusiva competenza europea. A Bruxelles avranno ben pensato, probabilmente, di mantenere i pezzi del puzzle UE per quanto possibile uniti dopo la prova che, i populismi, possono a volte generare turbolenze inaspettate.
E allora, navigare di questi tempi in mari…internazionali, è certamente ora più che mai tumultuoso.

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