La riforma costituzionale: Luci ed Ombre…”Si o No, per un voto più consapevole “

 

-di Gianluca Curci.

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Ormai manca relativamente poco al giorno in cui gli Italiani si recheranno a votare per appoggiare o meno la riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi.
Quello che inizialmente doveva essere un referendum dai risultati quasi scontati, tanto da spingere il Premier ad affermare di dimettersi nel caso in cui gli Italiani non avessero appoggiato la riforma, si è trasformato molto rapidamente in un testa a testa all’ultimo voto, secondo i dati dei vari sondaggi, che vedono addirittura in leggero vantaggio il fronte del No.

A prescindere da quelli che saranno i risultati effettivi, però, è bene che gli Italiani siano effettivamente informati su quel che andranno a votare e, soprattutto, di quanto sia importante recarsi alle urne per salvaguardare (o rinnovare) la Costituzione Italiana e non per sostenere o per “mandare a casa” il Governo Renzi. Bisogna sottolineare questo aspetto poiché sia in tv, sia sul web, sia per strada, il merito della riforma è lasciato molto sullo sfondo, tralasciando i considerevoli cambiamenti che potrebbero esserci in caso di una vittoria del Si, e considerando soltanto l’importanza di sostenere o meno il governo.
Prima di tutto, è lecito sapere che per questo referendum non è previsto quorum: indipendentemente dal numero di persone che andranno a votare, vincerà il Si o vincerà il No. A questo punto, bisogna addentrarsi nel contenuto del ddl Boschi: la legge è divisa in 41 articoli che modificano cinque dei sei “Titoli” in cui è divisa la seconda parte della Costituzione Italiana. Le modifiche, tuttavia, sono diverse e non tutte collegate le une alle altre ed è per questo che sarebbe più corretto parlare di riforme costituzionali, al plurale.
Quella di cui si sente parlare più ricorrentemente è quella riguardante il Senato: la riforma prevede una forte riduzione dei poteri del Senato e un cambio nel metodo di elezione dei senatori. Si tratta della parte più importante della riforma e avrà come conseguenza principale la fine del bicameralismo perfetto. Il Senato manterrà la sua possibilità di approvare, abrogare o modificare leggi soltanto in determinate materie, ossia riforme costituzionali, disposizioni sulla tutela delle minoranze linguistiche, referendum, enti locali e politiche europee. Nei restanti ambiti, la Camera potrà legiferare in maniera autonoma. Tuttavia, il Senato potrà chiedere modifiche dopo l’approvazione della legge, ma la Camera non sarà obbligata ad accettarne gli emendamenti.
Insieme alle competenze, cambierà anche la composizione del Senato. I senatori, che attualmente sono 315, in caso di vittoria del Si, diventeranno solo 100 e, inoltre, non saranno più eletti direttamente dal popolo, come avviene adesso, ma saranno scelti dalle assemblee regionali. In tutto il Senato sarà composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica, che resteranno in carica per sette anni. I dettagli riguardo l’elezione dei senatori provenienti dalle regioni non sono specificati nel ddl Boschi, ma dovranno essere disciplinati da una successiva legge.

La seconda parte più importante della riforma riguarda la riduzione dell’autonomia degli enti locali a favore dello stato centrale. Questa riduzione si otterrà con la modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione. Il Titolo V era già stato modificato con la riforma Costituzionale del 2001, quando alle regioni fu garantita autonomia in campo finanziario e organizzativo. Con il ddl Boschi, molte di quelle competenze torneranno in maniera esclusiva allo Stato, mentre le competenze concorrenti (cioè condivise tra Stato e regioni) scompariranno completamente. La competenza principale che rimarrà alle regioni sarà solo quella della sanità. Nella riforma sono anche contenute clausole che permettono allo Stato centrale di occuparsi di questioni esclusivamente regionali, nel caso lo richieda la tutela dell’interesse nazionale. La riforma porterà anche all’abolizione definitiva delle province, che negli ultimi anni sono già state progressivamente svuotate di alcune delle loro principali funzioni.

Un ulteriore cambiamento contenuto nelle riforme, riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica. Quest’ultimo sarà eletto dalle due camere riunite in seduta comune, ma senza la partecipazione dei 58 delegati regionali, come invece avviene oggi. Inoltre, l’elezione del Presidente della Repubblica avrà luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.” Attualmente, invece, è necessario ottenere i due terzi dei voti fino al terzo scrutinio; dal quarto scrutinio, poi, è sufficiente la maggioranza assoluta.

Il ddl Boschi prevede anche l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Il CNEL è un “organo consultivo”, con la facoltà di promuovere disegni di legge ed è composto da 64 consiglieri, in parte nominati dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio, in parte dai rappresentanti delle categorie produttive e in parte dai rappresentanti di associazioni e volontariato.

Una volta analizzato il contenuto delle riforme costituzionali, bisogna capire se l’Italia non può davvero fare a meno di un cambiamento così drastico, se, invece, occorre difendere a spada tratta il testo della Costituzione, dato che la sua integrità ci consente di difenderci da possibili autoritarismi, o se l’Italia ha realmente bisogno di un cambiamento, ma non attraverso un disegno di legge come questo che presenta diverse lacune, sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista pratico.
Le ragioni sostanziali sostenute dal fronte del Si sono la riduzione dei costi della politica (attraverso la diminuzione dei Senatori e l’abolizione del CNEL e delle province) e la semplificazione dell’iter legislativo, ottenuta grazie alla riduzione delle competenze del Senato e alla fine del bicameralismo perfetto. In questo modo potranno essere evitati i ripetuti “viaggi” che i testi di legge compiono tra Camera e Senato per essere approvati. Per i sostenitori del Si, infatti, la riforma Boschi sarebbe un “salto di qualità” per il sistema politico italiano, al quale si dà respiro dopo decenni di procedure legislative lente, macchinose e costose. Secondo loro, il fatto che nei settant’anni dalla firma del testo costituzionale, si siano susseguiti tantissimi governi di breve durata, è un segno di grande fragilità per il Paese, che ora deve dimostrare di essere credibile e forte a livello internazionale. Secondo il loro parere, inoltre, la modifica del Titolo V permetterebbe di risolvere molti dei conflitti di competenza che sorgono tra Stato e regioni. La legge di oggi, infatti, non è chiarissima e spesso i tribunali amministrativi si trovano a dover risolvere dispute in cui Stato e regioni ritengono di essere gli unici autorizzati a legiferare su una certa materia.

Le critiche mosse verso la riforma costituzionale sono svariate. Prima di tutto viene criticata la struttura del referendum stesso: secondo numerosi costituzionalisti è sbagliato che tutte le riforme siano contenute in un’unico disegno di legge. In questo modo, infatti, gli elettori saranno chiamati a votare su un unico quesito: approvare o respingere in blocco l’intero pacchetto di riforme. Sarebbe corretto dare la possibilità ai cittadini di votare separatamente sui singoli temi affrontati e non costringerli a dare un voto unico, su un testo non omogeneo. In secondo luogo, i sostenitori del No dichiarano tale riforma non legittima, poiché è stata prodotta da un Parlamento eletto non dal popolo, con una legge elettorale (il Porcellum) dichiarata incostituzionale. Ma le critiche più forti che sono state mosse contro la riforma proposta dal Governo Renzi riguardano la struttura dell’ipotetico “nuovo Parlamento”. Con la combinazione tra tali riforme costituzionali e la nuova legge elettorale (l’Italicum), che prevede un ampio premio di maggioranza alla Camera dei Deputati per il partito che ottiene un voto in più rispetto agli altri, verrebbero concentrate le funzioni legislative alla Camera, dove però, la forza di maggioranza godrà di un ampio vantaggio in termini di parlamentari rispetto all’opposizione e, soprattutto,  in confronto agli elettori effettivamente rappresentati. In questo modo ci sarebbe il rischio di sfociare in un autoritarismo, dando troppo potere al governo e alla forza parlamentare che lo sostiene. I sostenitori del No, alla tesi secondo cui l’iter legis verrebbe snellito, semplificato e velocizzato, rispondono che, in realtà, la procedura legislativa diventerebbe ancor più complessa: prevederebbe leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta. Ora l’articolo 70 parla di otto casi di voto: c’è un insieme di procedure che complicano il procedimento, anziché alleggerirlo. Questa eccessiva varietà rischia di causare incertezze e conflitti.
Inoltre, poiché la composizione della Camera non sarà proporzionale alle intenzioni dei cittadini (secondo l’Italicum è previsto un abbondante premio di maggioranza), in un Senato composto come descritto dalla riforma Boschi, potrebbe formarsi una maggioranza contrastante con quella formatasi alla Camera. Ci sarebbe una situazione in cui, per alcune leggi, la Camera legifererà autonomante senza il bisogno di rispettare la volontà del Senato, mentre per altre, sarà quasi impossibile legiferare, a causa delle diverse convinzioni ideologiche delle due maggioranze.
I costi della politica non verrebbero dimezzati, ma ridotti solo del 20%. Per molti, poi, una vittoria del “Si” aggraverebbe la condizione della democrazia, perché darebbe un eccessivo potere al Governo.
Ci sarebbe un Senato svirilizzato con pochi componenti, che sono non elettivi e sono eletti non si sa come. Inoltre non si capisce come esso potrà svolgere le proprie funzioni. Dunque, sostanzialmente, molti dei sostenitori del No, non sono contrari alla riforma perché credono che non ci sia bisogno di un cambiamento così drastico, bensì sostengono che la Costituzione vada cambiata, ma non in questo modo. Secondo loro, quando gli Italiani saranno chiamati alle urne, bisognerà votare “No”, perché le riforme sono “lacunose”, “pasticciate” e “sbagliate”.

Ciascun cittadino effettuerà le proprie valutazioni e voterà “Si” o “No” a seconda delle proprie analisi, pensando a ciò che sara meglio per il nostro Paese.
L’obiettivo di questo articolo non è tanto quello di indirizzare le intenzioni di voto verso l’uno o l’altro fronte, ma quello di invitare coloro che lo avranno letto, prima di tutto, ad andare a votare e, poi, a votare indipendentemente dal partito politico che abbia proposto tali riforme, soffermandosi semplicemente sul contenuto di esse. Siamo in un periodo in cui gli ideali politici dei vari partiti non vengono più rispettati; ad essi viene anteposto l’interesse per la “poltrona” e per gli annessi privilegi d’oro. Abbiamo di fronte a noi una riforma che molti esperti definiscono “di destra”, elaborata da un partito di centrosinistra.
Difatti, se sul fronte del “Si” che su quello del “No”  troviamo esponenti politici di centro-destra, esponenti politici di centro ed esponenti politici di centro-sinistra, tutti mescolati tra di loro, un motivo ci sarà…

Gianluca Curci

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3 risposte

  1. Grazie Michele,si infatti ci siamo accorti dell’errore e lo abbiamo sibito corretto, lo stesso Gianluca ci ha inviato una segnalazione quando la redazione ha ricevuto l’articolo. Cosa pensi di questa riforma?

  2. Articolo interessante ma c’è un errore grave:
    L’elezione del Presidente della Repubblica è diversa da quella che è stata scritta, copio il testo della Riforma a riguardo:
    “L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.”

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