CINEMA: The Danish Girl, recensione

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Titolo: The Danish Girl
Genere: Drammatico
Regia: Tom Hooper
Cast: Eddie Redmayne, Alicia Vikander, Amber Heard, Matthias Schoenaerts, Adrian Schiller
Durata: 120 min
Produzione: Gran Bretagna, USA 2015
Uscita: 18 febbraio 2016

Il nuovo film di Tom Hooper (Il Discorso del Re, Les Miserables), si sviluppa sulle orme dell’omonimo libro The Danish Girl, che racconta la storia di Einar Wegener, primo uomo ad essersi sottoposto all’operazione del cambiamento di sesso da uomo a donna.
Einar è un pittore Danese dei primi anni del 900′, felicemente sposato con sua moglie Gerda.
Tutto nasce per caso, o, se vogliamo, per gioco. Einar e Gerda danno vita ad un gioco erotico, nel quale il marito indossa vestiti da donna che hanno catturato la sua attenzione.
Qui la vita di Einar prende una svolta, non riesce più a smettere di vestirsi da donna, e atteggiarsi da tale, tanto che l’attrazione per sua moglie svanisce progressivamente.
In una relazione ormai in decadenza: un marito in crisi d’identità e una moglie in stato confusionale che però non smetterà mai di essere la forza del partner e lotterà fino alla fine affinché la persona che ama trovi se stessa.
La coppia cerca la “cura” nella medicina, una soluzione poi rifiutata da Einar che diventerà presto Lili, la donna che è sempre stata rinchiusa in un corpo estraneo a ciò che era realmente.
Ricorre così alla chirurgia sperimentale pur conscio dei rischi che essa potrà avere sulla sua vita.

Un tema delicatissimo, definibile un’arma a doppio taglio in quanto sia sottilissimo il confine tra possibile delusione o possibile capolavoro.
Il film viene a delinearsi forse in maniera troppo frettolosa e superficiale, senza dare la giusta rilevanza a degli  aspetti che meritavano sicuramente miglior risalto se non un ruolo di primo piano e senza mai dare la sensazione di catturare appieno la nostra attenzione e curiosità su un tema all’epoca nuovissimo.
Hooper si sofferma poco sul sentimento interiore del protagonista, che sembra più interessato al suo aspetto esteriore e all’apparenza piuttosto che ai suoi sentimenti, il suo modo di essere, il suo “io” a cui non da quasi mai la sensazione di essere interessato.
Molti passaggi della sceneggiatura, nonostante sia molto lineare e scorrevole, sembrano scivolare via senza qualche attenzione in più, lasciandoci con numerosi punti interrogativi durante lo svolgimento di alcune scene.
Come già detto, il film tratta un tema che nel nuovo millennio è attualità, con tantissime incognite e divergenze di pensiero nella società spesso troppo aperta o troppo chiusa di fronte a situazioni del genere.
L’aspetto su cui si sofferma poco è in realtà il “problema” che vivono gli omosessuali e i transessuali al giorno d’oggi: l’accettazione di massa.
Non ci viene mostrato in modo eccellente come ci si può sentire estraniati dentro se stessi e come si cerca di convivere con una società palesemente ancora non pronta per un’uniformità di trattamento per tutti gli orientamenti sessuali.
Tuttavia, diversi aspetti notevoli vanno sottolineati: la prestazione di Alicia Vikander (Premio Oscar 2016 come miglior attrice non protagonista) è a dir poco fenomenale. Tiene in piedi e porta avanti il film da vera leader lasciando poco spazio alle prove a parer mio opache degli altri attori, su tutti un Eddie Redmayne apatico che ha deluso parecchio, considerando l’importanza della parte.
Costumi magnifici e atmosfera novecentesca resa alla perfezione, in grado di farci immergere nella cultura e nelle tradizioni del periodo in una maniera ottimale.

Voto Finale: 5/10

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