Tassazione sulle imprese, in Italia la più alta dell’UE

Il rapporto “Paying Taxes” di qualche giorno fa, effettuato su una Srl tipo di 189 economie, ha messo in luce in maniera piuttosto evidente quello che è il più grande problema dell’economia italiana da 20 anni: la tassazione sul lavoro, in particolare sulle imprese. Tale indagine statistica viene compiuta utilizzando il total tax rate, parametro che calcola il carico fiscale totale sul bilancio di una società tenendo conto di ogni tipo di imposta, comprese quelle sulle transazioni finanziarie e sugli immobili. Il risultato è a dir poco avvilente: l’Italia ha il total tax rate più alto dell’Unione Europea con un carico fiscale complessivo nell’anno 2014 del 64,8 %, una percentuale altissima e ben distante dalla media mondiale ed europea del 40,7 %.

Ma questo non è l’unico dato scoraggiante del rapporto diffuso da Pwc; l’ammontare di ore di lavoro necessarie ad un’impresa italiana per adempiere ai propri impegni fiscali è di 269 mentre la media europea è di appena 173. Mettendo insieme le due rilevazioni sul carico fiscale, il rapporto ha posto il nostro Paese al 137° posto su 189 Paesi osservati nella graduatoria sulla tassazione sulle società.

Non dobbiamo però farci prendere dallo sconforto, perchè qualcosa di buono dalle rilevazioni del Paying Taxes è venuto fuori. Infatti pensiamo che fino a 10 anni fa la total tax rate italiana ammontava al 76 %, il che significa che il carico complessivo è sceso di più o meno 12 punti. Il Mef ha ribadito ancora una volta l’intenzione del Governo di abbassare ulteriormente di altri 12 punti la pressione fiscale sul lavoro e che i futuri tagli dell’Ires e i maxiammortamenti previsti nella Legge di Stabilità 2016 vanno proprio in questa direzione. Inoltre va detto che il rapporto, essendo riferito al 2014, non tiene conto delle decontribuzioni sui nuovi assunti introdotte nelle precedenti manovre con il Jobs Act.

L’impressione è comunque che ben di più si possa fare per allentare la morsa del fisco sulle nostre imprese e far si che gli investimenti non siano più un’utopia per i piccoli e medi imprenditori in questa nazione. I tagli di Imu e Tasi per quanto sicuramente siano una misura auspicata e che potrà rilanciare l’entusiasmo dei cittadini, non avrebbero chiaramente lo stesso impatto economico di una manovra pesante e decisa sulla componente lavoro. Avranno però un impatto mediatico molto più forte vista l’importanza della casa nella cultura italiana. Chiamiamole quindi manovre elettorali, non economiche, aspettando che qualcosa di importante venga fatto per i nostri imprenditori, vero fulcro della nostra economia.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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