Gli incontri sulla Riforma: l’Italicum e gli altri cambiamenti

Siamo ormai giunti ad un solo giorno dallo storico referendum sulla più grande riforma costituzionale nella storia repubblicana. Durante il nostro ultimo incontro di discussione sulla riforma abbiamo affrontato temi di contorno ma assolutamente non meno importanti: l’Italicum e tutti gli altri cambiamenti che questa riforma porta con se.

La nuova legge elettorale del 6 Maggio 2015, pur non essendo ovviamente parte integrante della riforma costituzionale, ha un’importanza fondamentale nell’intero contesto della Renzi-Boschi. L’Italicum riguarda soltanto l’elezione della Camera dei Deputati, mentre l’elezione dei Senatori, nell’eventualità di una vittoria del Sì, dovrà essere definita successivamente da legge ordinaria. Invece, qualora dovesse passare il No, l’Italicum dovrà, probabilmente, essere totalmente modificato o persino abrogato.

Ma vediamo ora cosa prevede questa nuova legge elettorale. Il numero dei seggi assegnati, come sappiamo, è di 630, di cui 618 sono assegnati sul territorio nazionale e 12 sono “seggi esteri”, per i quali continua a valere il sistema di elezione attualmente vigente. I seggi sono suddivisi in 100 collegi plurinominali (solo Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta votano con collegi uninominali) in media composti da 600 o 700 mila abitanti. Nella prima stesura della legge le preferenze erano bloccate, ovvero i candidati andavano eletti nell’ordine in cui comparivano in lista, mentre ora soltanto il capolista è bloccato e, a partire dal secondo in poi la preferenza è libera. Soltanto i capolista avranno la possibilità di candidarsi in più collegi elettorali, per un massimo di dieci. Una grande novità è rappresentata dal voto di genere: ogni elettore avrà la possibilità di esprimere due preferenze con obbligo di scegliere un uomo e una donna, pena l’annullamento della scheda.

Ma la base dell’Italicum è il principio maggioritario con il premio di maggioranza. Nel caso in cui la lista (o coalizione) di maggioranza raggiungesse il 40 % delle preferenze, ma ottenesse meno di 340 seggi, le verrebbe sbloccato un premio di maggioranza che garantirebbe il 54 %, ovvero 340 seggi. Nell’eventualità, invece, in cui la lista (o coalizione) di maggioranza non raggiungesse il 40 % delle preferenze, si procederebbe in secondo turno al ballottaggio, al termine del quale il vincitore otterrebbe sempre il fatidico 54 %. La soglia di sbarramento per il Parlamento è fissata al 3 %, formula ben diversa da quella prevista nella prima stesura della legge.

In merito alle altre novità di contorno soggette a referendum, abbiamo in primis un cambiamento nell’elezione del Presidente della Repubblica: la “platea” elettorale passerà da 100 a 730 elettori e verranno esclusi soltanto i 58 delegati regionali. Attualmente la Costituzione prevede che il Presidente debba essere eletto dai 2/3 del Parlamento in seduta comune, mentre dalla quarta elezione è sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti. Con la riforma il quorum dei primi 3 scrutini non cambia (sono necessari i 2/3 dei componenti, ovvero 487 voti). Dal quarto al sesto scrutinio, invece, il quorum necessario è di 3/5 dei voti degli aventi diritto (438 voti), mentre dal settimo scrutinio in poi di 3/5 dei votanti effettivi. Le discussioni tra Sì e No su questo cambiamento di quorum si basano proprio sul settimo scrutinio, al quale sono richiesti i 3/5 dei PRESENTI e non dei COMPONENTI.
Un’altra modifica importante proposta dalla Renzi-Boschi riguarda i referendum e le leggi di iniziativa popolare. Qualora un referendum abrogativo venisse richiesto da almeno 800.000 elettori invece che 500.000, esso sarebbe valido anche nel caso votasse la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche; se invece venisse richiesto da almeno 500.000 elettori ma meno di 800.000, o da cinque consigli regionali, rimarrebbe invariato il quorum della maggioranza degli aventi diritto. Riguardo, invece, la presentazione di progetti di legge di iniziativa popolare si passerà da 50 mila a 150 mila.

Chiudiamo infine con il punto forse meno discusso di questo storico referendum: l’abolizione del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). La riforma propone l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, appunto dedicato a quest’organo consultivo in ambito economico. Esso è attualmente composto da 64 consiglieri ed ha un costo stimato annuale per le casse dello Stato che si aggira intorno ai 15 milioni. Sul ruolo dell’organo e sulla sua importanza i pareri sono discordanti anche se, è innegabile che, le proposte legislative fatte da esso nella storia repubblicana sono certamente poche considerando che si tratta di un organismo dalla rilevanza costituzionale. Tuttavia, non spetta certamente a noi valutare quale sia l’effettivo costo, in termini economici e burocratici, di mantenimento dell’organo e quanto si possa risparmiare dalla sua abolizione.
Nell’eventualità in cui dovesse passare il Sì, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della riforma, verrà nominato un commissario straordinario, a cui sarà affidata la liquidazione e la ricollocazione del personale presso la Corte dei Conti.

Ultimi articoli

Lascia un commento

Ti piacerebbe scrivere per il nostro blog?

Contattaci per entrare a far parte della redazione di UIF