Elezioni Siciliane: Musumeci, coalizioni e impresentabili

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Alle 22.00 della scorsa Domenica 5 Novembre si sono chiuse le urne per i cittadini della Regione Sicilia che, dalle 8.00 di quella mattina, sono stati in 2.179.474 ad accorrere alla chiamata al voto per eleggere il nuovo Presidente della Regione. Nello Musumeci, candidato del centro-destra il quale ha registrato un 42,10% di voti di coalizione, si conferma a capo dell’ARS ottenendo il 39,80% dei consensi popolari vantando una vittoria di misura sul suo “diretto concorrente” Giancarlo Cancelleri del M5S, il quale esce sconfitto nonostante il 34,5% delle preferenze personali raccolte che, in ogni caso, fanno attestare un 26,7% totale al Movimento 5 Stelle: i pentastellati ottengono così 19 seggi all’ARS, divenendo il primo, singolo partito per voti ottenuti in Sicilia.

Dietro di loro, la sinistra ha prodotto due risultati elettorali ben distinti: il primo, della coalizione di centro-sinistra (PD; Pdr – Sicilia Futura – Psi; Alternativa popolare e Arcipelago Sicilia – Movimento dei territori) la quale, nonostante abbia rilevato un consenso del 25,40%, ha lasciato indietro il proprio candidato Fabrizio Micari con il 18,70% di voti raccolti.
Al 6,10% si attesta Claudio Fava, la cui lista “Cento passi per la Sicilia” ottiene soltanto un 5,20% sbloccando di fatto un unico seggio al “Parlamentino” siculo preso proprio dal summenzionato candidato presidente.
A chiudere la “classifica” c’è la posizione indipendentista di Roberto La Rosa con la sua lista “Movimento Siciliani Liberi” che, con uno 0,70% di consensi, non riesce a far sedere né sé stesso né i candidati della sua lista nelle sale dell’ARS.
Per chi invece dovesse chiedersi come mai le percentuali di voti ottenuti dai candidati non rispecchino quelle registrate dalle rispettive coalizioni, la motivazione è molto semplice: il sistema elettorale siculo prevede la possibilità per gli elettori di votare, all’interno della stessa scheda e con due croci distinte, il candidato Presidente da una parte e una lista di coalizione, anche differente da quella a supporto del candidato, dall’altra.
Ma il sistema elettorale non è l’unica peculiarità che ha caratterizzato questa tornata elettorale siciliana: infatti, i deputati dell’Assemblea Regionale sono passati da 90 a 70 grazie alla legge costituzionale 2/2013, una “novità” legislativa che dovrebbe permettere un importante taglio dei costi della politica sicula.

A commento, invece, di questi risultati elettorali c’è da dire che, forse, alcuni di noi già si aspettavano il risultato “frammentato” della sinistra: la spaccatura a livello nazionale fra il Partito Democratico e Articolo 1 – Movimento Democratici e Progressisti, ha inevitabilmente lasciato dietro di sé una scia disgregativa che ha diviso anche in queste competizioni regionali, considerate da molti il “banco di prova” delle nazionali che si terranno probabilmente nei primi mesi del 2018. Il centrodestra in generale invece ha saputo rimanere compatto nella propria coalizione di ben cinque forze politiche in tutto, ossia Forza Italia, Lega Nord-Fratelli D’Italia, UdC, #Diventerà Bellissima e Popolari e Autonomisti.
Non poche comunque le polemiche che hanno pesato su questa vittoria “liberale”, a cominciare delle critiche rivolte al neo-presidente Musumeci “accusato” di aver vinto grazie ai voti dei così detti “impresentabili“. Con questo termine sono stati identificati mediaticamente una serie di personaggi, sia eletti che non, i quali sembra che abbiano portato alla coalizione vincitrice ben 89.903 voti, più di un decimo degli 830.821 totali ottenuti dallo schieramento di centro-destra.
“Io ho avuto molto coerentemente alcuni punti in meno rispetto alla coalizione: avevo detto agli impresentabili di non votarmi e sono stati precisi, puntuali e li ringrazio.” ha commentato il neo-presidente Musumeci davanti alle “punzecchiature” dei giornalisti, i quali gli hanno attribuito una buona percentuale di consensi grazie all’intervento di soggetti alquanto discutibili dal punto di vista personale e, soprattutto, penale.

C’è da dire in ogni caso che, oltre ai casi eclatanti di Cateno De Luca, arrestato per frode fiscale immediatamente dopo la sua elezione all’ARS, e di Luigi Genovese, 21 anni, 17.359 preferenze raccolte e figlio di Francantonio, ex deputato del Pd condannato a 11 anni di carcere in primo grado, per truffa e frode fiscale e passato in Forza Italia, non tutti i così detti “impresentabili” sono figli di una sentenza di condanna da parte della magistratura. Molta sicuramente è  stata la speculazione mediatica verso la coalizione vincitrice, colpevole, probabilmente, più di incompetenza politica che di “impresentabilità elettorale”. Ai posteri l’ardua sentenza!

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