Dove si muovono gli investimenti esteri tedeschi

Il surplus tedesco, dato dal saldo delle partite correnti, è in crescita ormai da circa 15 anni e ha raggiunto il suo apice nel 2016, diventando il più alto del mondo (circa 266 miliardi).

In conseguenza di ciò, la Germania è anche un esportatore netto di capitali e si contraddistingue per un ampio deficit in conto capitale, corrispondente a circa 200 miliardi.
Al di là della diversità della tipologia degli investimenti esteri dei capitali tedeschi, ciò che interessa in particolare sono le destinazioni di queste risorse e l’andamento dei flussi nel corso del tempo. Gli IDE (investimenti diretti esteri) della Germania sono sempre cresciuti negli anni ’90 fino al 2000, quando iniziò un lento calo che avebbe portato ad un crollo repentino del 17% nel 2007-2008, in concomitanza della grande recessione finanziaria.

E’ curioso sapere come, prima della crisi, la più ampia quota di investimenti tedeschi era destinata ai paesi periferia dell’Eurozona, ovvero Portogallo, Spagna, Italia e Grecia. A partire dal 2010 , invece, sono cresciuti fortemente gli investimenti in bond, azioni e opzioni nelle economie europee più solide e sicure, mentre sono crollati quelli nella “periferia”, Italia compresa. Negli ultimi anni un crollo repentino hanno subito pure i flussi verso gli USA e solo di recente quelli verso il Regno Unito, a causa dell’instabilità dovuta a Brexit e al voto politico. Ad oggi, la maggior parte (circa il 40%) degli IDE tedeschi sono diretti verso Belgio e Lussemburgo, paesi dai quali vengono poi reindirizzati verso altre destinazioni più proficue economicamente.

FONTE: Il Sole 24 Ore (report of S&P Global Ratings)

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