IA: l’avvento tra fantascienza e realtà

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Stephen Hawking nell’ottobre 2015 dichiarava la sua preoccupazione per lo sviluppo di AI non solo in termini sci-fi ma anche per le ricadute sociali che, l’applicazione in ambito industriale, potrebbe avere sui lavoratori. Hawking mette in luce che tutto dipenderà da come verrà ridistribuita la ricchezza (ma sarebbe meglio dire il mark-up) che verrà prodotta. “Everyone can enjoy a life of luxurious leisure if the machine-produced wealth is shared, or most people can end up miserably poor if the machine-owners successfully lobby against wealth redistribution,” Hawking said. “So far, the trend seems to be toward the second option, with technology driving ever-increasing inequality.”

Da decenni l’automazione è applicata nell’ambito industriale. I risultati della Industry 3.0, positivi o negativi che siano stati, sono dipesi dall’utilizzo del calcolatore a bordo macchina. Questo approccio è stato decisamente influente in quei campi in cui l’industria si definisce Capital Intensive. La quarta rivoluzione industriale permetterà invece l’introduzione, non più di sistemi di risposta automatica agli stimoli, ma di sistemi di percezione, elaborazione e previsione dei risultati, ottenibili dagli stimoli rilevati. Tali sistemi vengono definiti Sistemi Esperti.  Questa modalità trova applicazione in industrie di tipo Labour Intensive e sostituisce coloro che l’esperienza hanno impiegato anni a maturarla. Risulta necessario capire che l’Industry 4.0 non si basa sull’applicazione di robot sul floor dell’impianto. Questo avviene già da anni con sistemi automatizzati di trasporto (AGV) e immagazzinamento, che ricadono nell’universo dei sistemi automatici; per questi, il programmatore, ha previsto azioni di risposta allle rilevazioni fatte. Alle Intelligenze Artificiali si da la facoltà di elaborare e eseguite dei task senza che siano state programmate per farlo!

In Italia matura un equivoco che trova base nei recenti finanziamenti all’automazione industriale che invocano l’Industria 4.0: gli incentivi vengono erogati anche per il revamping di linee di produzione obsolete in virtù del fatto che ne vengano acquistate di nuove, ovvero dismessi per l’Utilizzo di CPU (https://goo.gl/hVSCRc). Non riteniamo così remoto l’avvento dell’intelligenza artificiale perché non deve necessariamente passare per la capillare diffusione di robot umanoidi (che tra l’altro hanno raggiunto uno stato molto avanzato); l’AI è veicolata da dei comuni computer.

Probabilmente il numero di nuovi lavoratori, formati nel machine learning, sarà pari o superiore a quello dei lavoratori rimpiazzati dall’introduzione della mente robotica, ma gli individui non coincideranno. Non si può formare a Support Vector Machine, Reti Neurali o Algoritmi Bayesiani, degli over 50, avulsi al computer programming. Anche se ciò fosse possibile e consigliabile sarebbe non a costo nullo per le aziende che potranno trovare sul mercato del lavoro giovani laureati già formati dal sistema universitario.

Hawking ha nuovamente richiamato l’attenzione sul tema, sia nell’ottobre del 2016, che nel novembre di quest’anno. Anche se volessimo ricadere nell’espansione indebita di giudizio, evitando di assegnare al cosmologo britannico qualità previsionali non detenute, gli scenari catastrofici descritti, possono risultare grotteschi e lontani. Nonostante questo si devono riconoscere agli ultimi due decenni un incremento, mai osservato, delle tecnologie e della condivisione dei dati utilizzabili dalle macchine per apprendere. Il più grande freno allo sviluppo di una AI industriale, che raccolga informazioni su scala mondiale e le elabori grazie a unità di calcolo diffuse su tutto il pianeta, è di certo la reticenza che aziende concorrenti dimostrano nel rendere open i propri dati. Più si avranno realtà Industriali conglomerali, più l’autoapprendimento della macchine si avvicinerà.

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